Gli agricoltori italiani scendono in piazza per protestare contro i prezzi del grano duro, che anche quest’anno non riescono a coprire i costi di produzione, minacciando di rinunciare alle prossime semine, e si scagliano contro le sempre crescenti importazioni di grano duro dall’estero.
Il nostro ruolo di leader mondiali del mercato della pasta, dice la presidente dei Pastai Italiani di Unione Italiana Food Margherita Mastromauro a Terra e Vita, ci pone tra i Paesi con maggiore fabbisogno di grano duro, pari attualmente a sei milioni di tonnellate annui.
Il grano duro italiano non basta per l’industria
Un fabbisogno che i 4,3 milioni di tonnellate prodotti in Italia nel 2024, tutti acquistati dall'industria italiana, non riescono a coprire. Il resto viene acquistato dall'estero, selezionando i migliori grani duri disponibili. Senza le importazioni di grano duro, l'industria molitoria, sottolinea Italmopa l’associazione che rappresenta la categoria, non sarebbe più in grado di approvvigionare, nei volumi e nelle qualità richieste, l'industria pastaria italiana, con conseguenze drammatiche per un prodotto che rappresenta, anche all'estero, uno dei maggiori simboli dell'agroalimentare nazionale.
Le importazioni sono da sempre complementari
Le importazioni sono state, da sempre, complementari e non alternative alla produzione italiana di grano duro, che è peraltro totalmente acquistata e trasformata dalla nostra Industria molitoria, ed esse si riferiscono, spesso, a un prodotto che, per le sue caratteristiche qualitative, non risulta individuabile nei volumi necessari prodotti in Italia – evidenzia il presidente di Italmopa Vincenzo Martinelli –. Associare pertanto l'attuale andamento negativo del mercato del frumento duro, peraltro generalizzato a livello internazionale, alle importazioni, per giunta spesso sensibilmente più onerose rispetto alle quotazioni del prodotto nazionale, risponde certamente a logiche propagandistiche ma risultano del tutto sterili rispetto alla necessità di superare le criticità di natura strutturale che contraddistinguono la cerealicoltura nazionale.
Il prezzo di mercato va regolamentato
Non c’è alcun dubbio che l’Italia debba far ricorso alle importazioni di frumento, ma questo non significa che non si debbano mettere in atto soluzioni a livello nazionale che consentano ai nostri agricoltori di vendere il prodotto ad un prezzo che almeno copra i costi di produzione e consenta un minimo di guadagno.
Se, come dicono i pastai, è vero che tutto il frumento duro prodotto in Italia viene da loro acquistato, bisogna fare in modo che il prezzo riconosciuto alla parte agricola sia remunerativo ed è su questo punto che deve intervenire lo Stato predisponendo meccanismi di sostegno ai prezzi quando scendono al di sotto dei costi di produzione.




