In Italia siano davvero così bravi a produrre frumento duro? Le ragguardevoli differenze produttive che ogni anno puntualmente si verificano in uno stesso areale da un’azienda ad un’altra, al netto delle avversità climatiche, confermano che ci sono ancora notevoli margini di miglioramento.
Monitoraggio presso le aziende agricole
Così per diversi anni Barilla insieme alla società Horta hanno effettuato un attento monitoraggio presso numerose aziende agricole e sono riusciti a capire dove gli agricoltori italiani sbagliano, riassumendo in dieci regole il sistema di coltivazione che permette all’agricoltore di produrre un grano duro con le caratteristiche che richiede l’industria molitoria, a costi competitivi e con basso impatto ambientale. Quindi il grano duro che vuole il mercato ma anche che remunera adeguatamente chi lo coltiva.
1. Avvicendare le colture
Inserire il frumento in una rotazione con dicotiledoni quali soia, girasole, colza, pomodoro, barbabietola, medica, leguminose da granella, per poter utilizzare dosi inferiori di concimi e aumentare le rese grazie all’avvicendamento rispetto ai ristoppi.
2. Lavorare il suolo rispettandolo
Il tipo di lavorazione va scelta in modo flessibile a seconda dei suoli e del sistema colturale dove è inserito il grano duro:
- La minima lavorazione va applicata con precessione a mais, sorgo, frumento tenero.
- La semina su sodo si addice con precessioni a soia, colza, pomodoro, medica pisello proteico e favino sempre che i terreni siano ben livellati e non siano stati calpestati al momento della raccolta.
3. Usare la migliore varietà
Sembra ovvio, ma purtroppo nella maggior parte dei casi la scelta dell’agricoltore non è fatta in maniera professionale. È infatti importante conoscere la riposta produttiva e qualitativa oltre che la resistenza a stress di vario genere, nella propria realtà aziendale. Come si fa? Ogni anno va dedicata una parte della superficie alla semina di varietà nuove per l’azienda. Solo così si potranno individuare nel tempo quelle che veramente si adattano al luogo dove vengono coltivate.
4. Usare solo sementi certificate e conciate
Purtroppo circa il 40% del seme messo nel terreno non è certificato e conciato industrialmente, e questa è una delle principali cause della scarsa produzione italiana di grano duro, spesso di bassa qualità. Solo il seme certificato garantisce l’identità varietale e la qualità in termini di purezza, germinabilità e resistenza alle avversità.
5. Seminare al momento giusto
Ogni varietà ha un’epoca di semina ideale e produce in maniera anche molto diversa a seconda di quando viene messa in campo. Come si vede dal grafico qui a destra, in generale a ogni mese di ritardo nella data di semina corrisponde una minore produzione, ma le tre varietà danno risposte differenziate.
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Fig 1 Resa di tre varietà seminate in epoche differenti. Alcune varietà si adattano meglio al ritardo della semina. Elaborazione dati Horta.
6. Usare la giusta dose di semi
La densità di semina varia a seconda della varietà, dell’areale, dell’epoca di semina e delle condizioni del suolo. Semina troppo fitte impediscono alla coltura di sfruttare al meglio le risorse e finiscono per favorire lo sviluppo delle malattie. Semine troppo rade possono invece limitare la produzione.
Come si vede dal grafico a destra, la varietà A riduce le rese sia a basse che ad alte densità di semina; mentre la varietà B ottiene alte rese con investimenti fitti.

Fig 2 Resa di due varietà seminate a diverse densità. Elaborazione dati Horta
7. Diserbi tempestivi
Ritardare i trattamenti diserbanti può portare a consistenti perdite di produzione a causa della forte competizione esercitata dalle infestanti nei confronti di nutrienti ed acqua.
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Fig 3 Resa in granella in rapporto all’epoca di applicazione di due avenicidi. I dati nel grafico sono indicizzati considerando la resa della prima epoca di applicazione uguale a 100. Elaborazione dati Horta
Come si vede dal grafico a destra, l’intervento di diserbo effettuato in primavera avanzata porta a perdite produttive di granella anche dell’80% rispetto al trattamento diserbante effettuato in inverno
8. Dosare bene l’azoto
L’azoto alla semina ha un’efficienza bassa poiché è soggetto a dilavamento. L’azoto distribuito con la coltura in atto ha maggiore efficienza soprattutto se è frazionato e così contribuisce ad aumentare la ressa in granella e il tenore in proteine dei chicchi.
La stessa dose di azoto (41 unità) somministrata in accestimento, a inizio levata e a fine levata porta rispettivamente a un contenuto proteico del 10%, 11,5% e 13% sulla sostanza secca. Ciò dimostra che l’epoca di distribuzione è una scelta strategica.
9. Proteggere la pianta dalle malattie
I trattamenti di difesa fungicida in relazione alle condizioni di rischio dell’area di coltivazione e dell’annata sono fondamentali. Il controllo della fusariosi deve essere effettuato con sistemi preventivi e soprattutto curativi, attraverso i trattamenti con fungicidi specifici all’inizio della fioritura.
10. Estendere la sostenibilità al sistema aziendale
Le buone pratiche agricole non devono essere limitate alla coltivazione del grano duro, ma debbono essere estese con attenzione e cura anche alle altre colture del sistema aziendale
