Nel 2025 la superficie a grano duro è aumentata del 10% rispetto al 2024, raggiungendo 1,28 milioni di ettari e la produzione stimata è di 4.2 milioni di tonnellate cioè il 20% in più rispetto allo scorso anno.
Queste sono le previsioni espresse nel corso dei Durum Days di Foggia.
Le produzioni al Sud
L’andamento stagionale è stato favorevole e gli agricoltori hanno seminato senza i problemi che avevano incontrato negli ultimi due anni. Al Sud è piovuto poco ma in alcune zone nei tempi giusti e così le rese sono molto diversificate da una zona all’altra. Ad esempio a nord di Foggia si raggiungono i 40-50 ql/ha mentre nel foggiano e nell’area di Cerignola non si porteranno a casa più di 15 ql/ha. Nella zona di Gravina le produzioni sono buone dai 30 a 40 quintali/ha con punte di 50 ql/ha ma purtroppo i prezzi si attestano sui 30 euro/ql e i contratti per il prossimo raccolto si chiudono a 28-29 euro/ql. Ottima la qualità ovunque con peso specifico pari a 84 kg/hl e il livello di proteine al 14-15%.
Si pareggiano le spese vive
Se non si considerano i costi fissi, con le rese di quest’anno nelle aree del Sud dove si è prodotto bene si pareggiano le spese vive e quindi ancora una volta ovunque si deve fare affidamento sull’aiuto accoppiato e sul valore dei titoli PAC.
La situazione è paradossale perché continuano le massicce importazioni di grano duro e nel 2024 l’Italia si conferma leader mondiale nella produzione di pasta con esportazioni pari a 2 milioni e 400 mila tonnellate per un valore di 4.020 milioni di euro.
Agricoltore dimenticato nella catena del valore
Nella catena del valore l’agricoltore come sempre è l’ultima ruota del carro ed il grano duro che produce viene pagato come 15 anni fa, ma con costi ben più elevati per chi lavora sui campi.
Si continua a parlare di tavoli per fare accordi, di progetti di filiera ma continua la contrapposizione tra chi produce, che è l’anello debole della catena e chi acquista che ha sempre il coltello dalla parte del manico.
Manca la volontà di valorizzare il grano italiano
Manca la volontà politica di valorizzare la produzione italiana di qualità con strutture in grado di aggregare l’offerta e fornire assistenza all’agricoltore controllando e segmentando il prodotto.
Gli esempi di contratti di filiera e di strutture di stoccaggio sparsi qua e là lungo lo stivale non sono numericamente sufficienti per valorizzare come si dovrebbe tutta la produzione di grano duro italiana.
