Oltre alle foraggere, le colture estensive che hanno dimostrato di avvantaggiarsi della semina su sodo sono i cereali vernini. Esperienze di agricoltori in ogni areale d’Italia dimostrano che grano tenero e duro, orzo, triticale eccetera, non vengono affatto penalizzati dalla semina su sodo
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Foto 1 Ottima emergenza del frumento seminato su sodo su residui colturali di mais
Le lavorazioni sostenibili
Il sodo e le minime lavorazioni abbinate alla semina delle cover crops sono pratiche agronomiche che consentono di raggiungere quei benefici ambientali che l’Unione europea richiede all’attività agricola, come la diminuzione delle emissioni di gas serra, il sequestro della CO2, il risparmio di combustibili, il controllo dell’erosione, l’eliminazione della lisciviazione dei nutrienti, l’aumento progressivo della fertilità e dell’attività biologica dei suoli. A tutto ciò si deve aggiungere la diminuzione dei costi per l’agricoltore, che si avvantaggia di minori passaggi, con meno ore di lavoro e un taglio netto alle spese di gasolio.
Una transizione che richiede alta professionalità
Occorre sempre ricordare come la transizione dalle lavorazioni convenzionali (aratura ed erpicatura) al sodo sia un passaggio che richiede molta attenzione ed elevata capacità professionale. Siamo stati infatti testimoni di tanti insuccessi del sodo generati non dalla tecnica ma dall’improvvisazione dell’agricoltore, che non ha predisposto i terreni al nuovo percorso agronomico e/o che ha scelto seminatrici non idonee alla propria realtà aziendale
Quali suoli sono adatti al sodo?
Innanzitutto va detto che, per quanto riguarda la granulometria dei suoli, non solo i terreni sabbiosi e di medio impasto, ma anche quelli argillosi, purché ben strutturati, hanno un’ottima propensione alla semina su sodo. I terreni più difficili sono quelli decisamente limosi (più del 70% di limo), soprattutto se calcarei e carenti di sostanza organica, che quindi mancano di struttura. In questo caso è bene applicare la minima lavorazione senza tentare il sodo
Evitare calpestamenti e compattamenti
Venendo a mancare l’azione curativa dell’aratro che “tutto sistema” – comprese le superfici più massacrate dalle ormaie, dai calpestamenti e dai compattamenti – la prima cosa da fare per predisporsi bene alla semina su sodo è quella di evitare il transito di mezzi pesanti in condizioni di umidità del suolo, lasciando i carri da raccolta delle granelle sulle cappezzagne e pretendendo dai contoterzisti che le mietitrebbie siano dotate di gomme galleggianti e di sistemi spargipula.
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Foto 2 Le profonde ormaie lasciate dai mezzi di raccolta e di trasporto su questo terreno, sconsigliano di effettuare la semina su sodo
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Foto 3 Marcate fallanze del frumento seminato su sodo su terreno fortemente calpestato dal transito dei mezzi di raccolta
Distribuzione uniforme dei residui sul terreno
Un’altra condizione importante per eseguire bene la semina su sodo è poi l’uniforme distribuzione sulla superficie dei residui colturali. Quindi massima attenzione: per passare al sodo bisogna disporre di un terreno strutturato, non compattato e neppure percorso da profonde impronte delle gommature
Se l’annata non lo ha consentito, meglio rimandare di un anno e nei casi limite seminare medica o altre foraggere per almeno due anni, che è la premessa ideale anche nelle condizioni di terreno più difficili (vedi i suoli limosi e non strutturati)
Qui vogliamo solo ribadire un concetto importante: non si può fare con successo la semina su sodo in maniera continuativa, senza utilizzare le cover crops. Il concetto è che il terreno deve essere coperto lungo tutto l’arco dell’anno per raggiungere in fretta un nuovo equilibrio strutturale e microbiologico
La scelta della seminatrice è strategica
La scelta corretta della seminatrice da sodo è l’altro punto chiave, responsabile di almeno il 50% del successo di questa tecnica. La macchina infatti deve essere in grado di “tagliare il terreno” e il residuo colturale, depositare il seme e “chiudere il solco”.
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Foto 4 Da destra a sinistra: dischi che tagliano il terreno, disco di semina e ruotine “chiudisolco”.
Sembrano banalità, ma non lo sono affatto: non tutte le seminatrici, infatti, fanno bene queste tre operazioni. Quindi è la macchina che deve adattarsi al terreno e non il terreno alla macchina, come invece avviene con l’aratura.
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